Lo spazio urbano, inteso sia come luogo fisico che come entità immateriale, rappresenta lo scenario contemporaneo per antonomasia, l’habitat prediletto dalla specie homo sapiens sapiens, il contesto di riferimento di numerosi studi e analisi sulle società post-moderne.
Frutto di successive alterazioni dell’ambiente naturale, gli agglomerati antropizzati di grandi e piccole dimensioni sono stati, e continuano a essere, oggetto di molteplici trasformazioni che contribuiscono a cambiare in modo radicale l’aspetto e le dinamiche sociali di interi gruppi abitativi. Se i nuclei originari di quelle che oggi sono le grandi metropoli mondiali, hanno visto i loro confini espandersi in maniera esponenziale nel corso del tempo, fino a diventare porzioni variamente assemblate di territorio che ospitano al loro interno milioni di abitanti provenienti da tutto il mondo, i contesti rurali e i centri minori – una volta cuore pulsante di un’economia di prossimità – sono divenuti una specie protetta a rischio di estinzione, minacciati in egual misura dall’abbandono, dall’invecchiamento della popolazione e dai fenomeni migratori che coinvolgono, con un’intensità crescente, le generazioni più giovani e istruite.
Luoghi al contempo osannati e mistificati, le città – e con esse le politiche di pianificazione e gestione delle aree urbane – si sono imposte come uno dei principali argomenti di discussione dei rappresentanti amministrativi che a tutti i livelli, da quello locale a quello internazionale, risultano essere impegnati a elaborare strategie di sviluppo urbano che appaiano orientate – almeno sulla carta – verso la realizzazione di città “migliori”, capaci di colmare il divario che ancora separa il centro dalla periferia e di garantire elevati standard qualitativi a tutti i cittadini che ne fanno parte.
La nostra condizione di abitanti del XXI secolo ci pone in una posizione privilegiata in qualità di osservatori diretti dei mutamenti che si susseguono all’interno dello spazio urbano. Raccoglitore di molteplici identità, la città non può esimersi dall’essere vista e interpretata come luogo di produzione e consumo di cultura, dove in presenza di determinate condizioni i nuovi fermenti nascono e si contaminano, trovando terreno fertile per la loro proliferazione. Luoghi non di rado percepiti come alienanti e impersonali, le città sembrano dettare nel bene e nel male l’agenda della nostra quotidianità, fungendo al contempo da sfondo della nostra vita pubblica e privata. Amati nei rari momenti di spensieratezza e il più delle volte odiati nella frenesia dei giorni feriali, gli spazi urbani necessitano del nostro sguardo per continuare a esistere.
Ed è proprio lo spazio urbano, nella sua accezione contemporanea di fulcro della creatività, ad essere posto al centro dei contributi ospitati nel presente numero di Tafter Journal, che declina secondo prospettive diverse la capacità dello spazio di fungere da luogo di aggregazione e sedimentazione dei processi culturali che, strato dopo strato, ne determinano l’aspetto e l’identità. In quest’ottica, Giangavino Pazzola nella sua analisi sui centri indipendenti di produzione culturale attivi nella città di Torino, offre una lettura inusuale dei concetti di partecipazione e di cittadinanza attiva, facendo risaltare alcune delle dinamiche meno note della vita di quartiere in una delle grandi aree metropolitane italiane. La disamina di Chiara Corazziere sulla ri-scoperta del patrimonio ebraico in Calabria, invita invece a una riflessione sulla rigenerazione urbana come strategia culturale volta alla conoscenza del proprio passato e della propria identità attuale. La narrazione di Clarissa Pelino, che va ad arricchire di un nuovo contributo la sezione After, offre una vivace spiegazione del perché le scienze sociali dovrebbero guardare con maggiore attenzione alla nozione di spazio e alle sue implicazioni culturali per comprendere il pensiero e il comportamento dell’uomo contemporaneo.
In un susseguirsi frenetico e complesso di eventi, le città impongono nuovi ritmi e stili di vita. Non più guidati dalla ciclicità del mondo rurale, gli uomini hanno imparato ad adattarsi alle dinamiche dell’universo metropolitano, dando vita a linguaggi altri rispetto a quelli tradizionali. Osservare e conoscere le trame che animano lo spazio che fa da cornice alla nostra quotidianità, può renderci maggiormente consapevoli dell’influenza che a nostra volta esercitiamo sul tessuto cittadino e sui risvolti positivi e negativi delle nostre azioni, sia come singoli che come collettività.