Opera and Symphony Foundations in Italy: A Cultural Landscape | Il sistema delle Fondazioni Lirico-sinfoniche in Italia

This paper presents the findings of a study conducted by the Sardinian Economic Observatory on Italian opera foundations, with a particular focus on the Cagliari Opera House. Given the unique position of these institutions within the performing arts sector, the study examines the evolution of their regulatory, legal, and organizational frameworks. By analyzing key financial indicators, the research provides insights into the economic health of these foundations.

This paper presents the findings of a study conducted by the Sardinian Economic Observatory on Italian opera foundations, with a particular focus on the Cagliari Opera House. Given the unique position of these institutions within the performing arts sector, the study examines the evolution of their regulatory, legal, and organizational frameworks. By analyzing key financial indicators, the research provides insights into the economic health of these foundations.

1. Introduzione

 

 

L’articolo presenta una sintesi dei risultati di una ricerca realizzata dall’Osservatorio Economico della Sardegna. La ricerca scaturisce dall’esigenza di approfondire la conoscenza delle Fondazioni liriche – con particolare riferimento al Teatro Lirico di Cagliari – che, nell’ambito dello spettacolo dal vivo, occupano una posizione del tutto particolare, non assimilabile a quella delle altre strutture che operano nel settore. L’approfondimento prende in esame l’evoluzione del contesto normativo, giuridico e organizzativo e confronta tra loro le Fondazioni attraverso l’analisi di alcuni indicatori e parametri di bilancio in grado di rappresentare il loro stato di salute economico-finanziaria. Il campo di indagine è costituito dalle Fondazioni Lirico-sinfoniche per le quali è stato possibile acquisire, al momento dell’indagine, i dati di bilancio 2006 e 2007 – ultime annualità disponibili – trattati e integrati con i dati del “Sistema per l’analisi statistica, economica e finanziaria delle imprese” dell’Osservatorio Economico. Si tratta di dieci Fondazioni sulle quattordici esistenti in Italia:
–    Teatro Lirico di Cagliari
–    Teatro alla Scala – Milano
–    Arena di Verona
–    Teatro Carlo Felice – Genova
–    Teatro Comunale Giuseppe Verdi – Trieste
–    Teatro Massimo di Palermo
–    Teatro San Carlo – Napoli
–    Teatro Comunale di Bologna
–    Teatro Regio – Torino
–    Teatro dell’Opera – Roma
Dall’indagine è emersa una situazione manifesta di crisi. Pur godendo di una posizione di privilegio rispetto agli altri organismi culturali, grazie a finanziamenti annuali stabiliti per legge, le Fondazioni hanno difficoltà nel raggiungimento di un equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. Si palesa in questo modo l’inefficacia della riforma della seconda metà degli anni ’90 che trasformò gli enti autonomi lirici di diritto pubblico in Fondazioni per consentire l’ingresso di capitali privati e diminuire il peso dei contributi statali, favorendo una più efficiente gestione delle risorse finanziarie.

2. Il contesto normativo-giuridico

 

 

Gli enti lirici erano definiti “enti autonomi lirici” dalla Legge 800 del 1967 che assegnava loro il compito di promuovere la diffusione dell’arte musicale, la formazione professionale dei quadri artistici e l’educazione musicale della collettività. Tale ordinamento forniva per la prima volta una fotografia istituzionale del settore lirico-musicale, operando una classificazione tra enti di diverse dimensioni e importanza dalla quale dipendeva l’ammontare dei contributi pubblici. Mentre veniva stabilito lo stato giuridico di ente autonomo lirico, si introduceva anche lo strumento di “istituzione concertistica assimilata” in riferimento all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e all’Istituzione dei Concerti e del Teatro Lirico del Conservatorio Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari, laddove il Teatro alla Scala di Milano era riconosciuto ente di particolare interesse nazionale nel campo musicale.
La natura di questi enti cambia con il Decreto Legislativo 367/1996 e la successiva normativa. Il nodo critico è quello del finanziamento, sempre insufficiente e collegato a uno stato di emergenza permanente che induce lo Stato a finanziare sempre e comunque gli enti, anche quelli che agiscono prescindendo del tutto da criteri di economicità. Nel mentre, il dibattito politico-sociale comincia a considerare l’idea che l’interesse collettivo degli enti lirici non debba necessariamente essere perseguito attraverso modelli di derivazione pubblicistica. E’ in questo contesto che gli Enti lirici vengono trasformati in Fondazioni. Il passaggio può anche essere letto come uno stimolo per sollecitare l’assunzione di maggiori responsabilità da parte del “territorio” locale (comuni, province, regioni), quasi a voler anticipare la riforma costituzionale del 2001.
La trasformazione dipende da una serie di modifiche estremamente complesse: oltre al cambiamento della veste giuridica, sono richieste una semplificazione organizzativa, la privatizzazione del rapporto di lavoro del personale e una razionalizzazione dei sistemi gestionali secondo criteri aziendalistici. Ma il punto sostanziale è la partecipazione di capitali privati al patrimonio e alla spesa per la gestione ordinaria e l’ingresso di soggetti privati nel consiglio di amministrazione degli enti. Le Fondazioni sono soggette a vigilanza governativa, al controllo della Corte dei Conti e possono avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Uno statuto ne regola il funzionamento definendo obiettivi e attività, modalità di partecipazione, composizione del patrimonio, possibilità di finanziamento, poteri e funzioni degli organi istituzionali.
A distanza di quasi quindici anni dal primo intervento normativo che ne ha modificato la natura giuridica, le Fondazioni Lirico-sinfoniche sono ancora vincolate a una disciplina di settore pubblicistica a causa delle limitazioni gestionali previste dalla legge (Forte, 2009). Si tratta di un processo di trasformazione, un maquillage, che non ha inciso sulla struttura organizzativa e soprattutto sulla gestione del personale e i suoi costi (Trimarchi, Ponchio, 2004). La riforma ha fallito nell’intento di arrestare la dipendenza delle Fondazioni dai finanziamenti pubblici. I teatri d’opera continuano a scontrarsi con la difficoltà di attingere o generare risorse sufficienti che ne garantiscano la sopravvivenza nel tempo.

3. La gestione economico-finanziaria

 

 

Le Fondazioni Lirico-sinfoniche provvedono direttamente alla gestione dei teatri loro affidati conservandone il patrimonio storico-culturale. Realizzano spettacoli lirici, di balletto e concerti, potendo anche svolgere attività commerciali, strumentali e accessorie. Pur avendo l’obbligo della tenuta delle scritture contabili e di redazione del bilancio secondo le disposizioni previste per le società di capitali, le Fondazioni sono enti non profit. Qualunque valutazione di natura economico-finanziaria non può perciò fare riferimento ai soli principi contabili delle imprese commerciali in quanto il bilancio non svolge, come per le imprese, la funzione di determinare l’utile distribuibile ai terzi. L’attenzione si sposta sulla necessità di informare correttamente gli stakeholder dei risultati della gestione. Cambia l’ottica dell’informazione perché non si devono informare i portatori di capitali, ma i portatori di interesse: finanziatori, donatori, fruitori dei servizi e anche il pubblico. Anche nelle aziende non profit il patrimonio netto garantisce la continuità della gestione e tutela gli interessi dei creditori, ma in questo caso è prioritario che le risorse siano utilizzate per il perseguimento dello scopo sociale, è infatti poco probabile che riescano a sostentarsi attraverso i ricavi della propria attività (Agenzia per le ONLUS, 2009). Per questo motivo negli ultimi anni le aziende non profit, e anche alcune Fondazioni liriche, come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, si sono dotate di uno strumento di rendicontazione sociale: il bilancio di missione. L’obiettivo è quello, da un lato, di informare il complesso delle realtà pubbliche e private a contatto con l’ente sul corretto utilizzo delle risorse e, dall’altro, di introdurre logiche e meccanismi di responsabilizzazione interna in relazione all’impiego di tali risorse e al raggiungimento dei risultati. Questi ultimi possono essere analizzati sotto il triplice profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità. Per quanto riguarda l’efficacia istituzionale, costituisce un importante segnale la quantità delle risorse umane e finanziarie poste in essere per raggiungere gli scopi statutari. L’efficienza può essere valutata attraverso il rapporto tra le risorse appostate per lo sviluppo dell’organizzazione e le risorse impiegate nelle aree istituzionali tipiche. Infine, l’economicità si valuta attraverso l’esistenza e il permanere dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, 2003). Un’altra chiave di lettura economico-aziendale, mirata alle organizzazioni culturali, prende in considerazione la capacità di programmare e presidiare nel tempo gli obiettivi strategici di legittimazione sociale, valore sociale e capacità operativa. Secondo questo approccio, un’azienda culturale deve essere in grado di ottenere il consenso e di espandere il supporto del proprio ambito di riferimento, deve produrre valore attraverso il raggiungimento di scopi istituzionali dichiarati, deve garantire la sostenibilità organizzativa ed economica perseguendo obiettivi commisurati alle risorse umane, tecniche e finanziarie (Hinna e Minuti, 2009).
La gestione delle Fondazioni liriche è particolarmente problematica dovendo coniugare gli obiettivi di promozione e diffusione della cultura musicale con i vincoli di economicità aziendale. Le aree di criticità nella gestione operativa dei teatri d’opera sono legate alla struttura patrimoniale e finanziaria e alla redditività dell’attività culturale. Nel primo caso si tratta di costituire un patrimonio stabile nel tempo in grado di resistere alle erosioni causate da eventuali perdite d’esercizio, nell’altro di incrementare i ricavi propri al fine di superare la dipendenza dal contributo pubblico (Mion, 2008).
Le attività delle Fondazioni sono caratterizzate da ingenti costi di struttura che devono essere riconciliati con i criteri di economicità ed efficienza economico-finanziaria, indispensabili per il mantenimento in vita di questi enti. Alla fine degli anni ’60, gli economisti Baumol e Bowen (1966) rilevarono come, a differenza degli altri settori economici, lo spettacolo dal vivo sia poco sensibile al progresso tecnologico e agli aumenti di produttività che questo comporta, rendendo perciò indispensabile il supporto pubblico. Altri modelli economici nel corso degli anni hanno introdotto elementi per scongiurare la dipendenza dai finanziamenti pubblici attraverso lo studio di modalità utili a contenere i costi e aumentare la produttività e i ricavi (Euromeridiana, 2004). Senza voler mettere in discussione l’apporto del finanziamento pubblico al settore dello spettacolo dal vivo, ciò che più conta è analizzare i criteri e i meccanismi del sostegno pubblico per valutarne l’efficacia. Non è tanto importante il “quanto”, ma il “come” (Trimarchi, 2000).

 

4. Principali risultati dell’analisi economico-finanziaria

 

Dalla lettura dei dati e degli indicatori di bilancio delle dieci Fondazioni esaminate, si possono trarre utili considerazioni sull’andamento generale del sistema, osservare le variazioni tra il 2006 e il 2007, a livello complessivo e per singola Fondazione, e confrontare alcuni parametri significativi. Le relazioni sulla gestione fanno emergere l’impegno delle Fondazioni nel perseguire il pareggio di bilancio tra mille difficoltà e con risultati non sempre ottimali. Perché se è vero che l’utile di bilancio non rappresenta l’obiettivo preminente di un teatro d’opera è altrettanto vero che il pareggio tra i costi e i ricavi è la condizione minima essenziale a garanzia della stabilità economico-finanziaria nel tempo.
Nel 2007 su dieci Fondazioni la metà ha chiuso il bilancio in utile. Tuttavia la somma dei risultati d’esercizio del campione analizzato produce una perdita complessiva di 14 milioni di Euro a causa del maggiore peso delle perdite. Il San Carlo di Napoli presenta la perdita maggiore (-5 milioni), mentre il Massimo di Palermo ha l’utile più elevato (+2 milioni). La situazione generale è migliorata rispetto al 2006 che si chiudeva con un risultato d’esercizio negativo di 18 milioni di Euro. Il patrimonio netto complessivo (Teatro dell’Opera escluso) si è ridotto di circa 18 milioni dal 2006 al 2007 proprio a causa delle perdite d’esercizio. Alcune Fondazioni nel 2007 hanno accantonato riserve maggiori, in particolare il Carlo Felice di Genova con un aumento di 3 milioni di Euro. Per contro il Regio di Torino sconta la riduzione più importante, in valore assoluto, con un trasferimento di 11 milioni dal patrimonio netto alla gestione d’esercizio. La situazione più critica è quella del San Carlo di Napoli che è passato da 2.535 migliaia di Euro nel 2006 a un patrimonio netto negativo di -2.991 migliaia di Euro nel 2007, registrando la variazione percentuale negativa più elevata, -218% (Tavola A).
Per quanto riguarda la situazione dei finanziamenti, nel 2007 la Scala di Milano ha ricevuto i maggiori contributi in conto esercizio, sia pubblici che privati, mentre l’Arena di Verona ha percepito meno contributi totali e i contributi pubblici minori. La Fondazione cagliaritana è all’ultimo posto per contributi privati. Analizzando la composizione dei contributi pubblici nel 2007 si evince che lo Stato incide complessivamente per il 63%, le Regioni per il 19%, le Province per il 3% e i Comuni per il 15%. In particolare, la Scala ottiene i contributi statali maggiori (20,54% della complessiva erogazione statale); Cagliari si trova all’ultimo posto (6,84%), ma registra il maggiore peso percentuale (45%) di contributi regionali sul totale dei contributi pubblici ricevuti (Tavola C1 e C2).
L’analisi e il confronto di alcuni indicatori di produttività e redditività permette di evidenziare elementi sulla gestione economico-finanziaria relativi alle principali poste di ricavi e di spese. Il rapporto fra i contributi in conto esercizio e il valore della produzione indica quanto influiscono gli apporti esterni rispetto ai ricavi propri sulla produzione economica complessiva dell’azienda. La Fondazione su cui incidono maggiormente i contributi in conto esercizio è il Teatro Massimo di Palermo (92,2% nel 2006 e 91,9% nel 2007). L’Arena di Verona presenta il rapporto più basso (34,8% nel 2006 e 34,9% nel 2007), ciò segnala una maggiore autonomia dai contributi esterni e infatti Verona ha anche la percentuale più elevata nel rapporto fra gli incassi di botteghino e i contributi in conto esercizio (143,8% nel 2006, 140,9% nel 2007). L’incidenza minore degli incassi di botteghino sui contributi si registra nel 2007 al Teatro Lirico di Cagliari (6,1%), nel 2006 al Massimo di Palermo (5,1%). Considerando il rapporto fra i ricavi delle vendite e i costi della produzione nel 2007, l’Arena di Verona (46,2%) e a seguire la Scala di Milano (32,7%) presentano i valori più elevati; il Lirico di Cagliari (8,7%) e il Massimo di Palermo (8,1%) quelli inferiori, avendo ricavi modesti e costi della produzione elevati, in proporzione. Il 2006 presentava lo stesso andamento. Il dato relativo al rapporto fra i contributi pubblici e i contributi in conto esercizio totali nel 2007 e nel 2006 indica che il peso del finanziamento pubblico sui contributi totali è più elevato per il Teatro Massimo (96,4% e 99,9% rispettivamente). La Scala di Milano è la Fondazione con l’incidenza pubblica minore (68,5% e 68,1% rispettivamente) ben distante da tutte le altre Fondazioni e, come già visto, è anche quella che riceve contributi privati più consistenti in valore assoluto. Il rapporto fra i costi del personale e i costi della produzione totali conferma un fenomeno risaputo: le risorse umane rappresentano il costo più significativo per le Fondazioni. Sia nel 2006 che nel 2007, l’incidenza più elevata del costo del personale si registra al Teatro dell’Opera di Roma (70,9% e 69,1%, rispettivamente), la minore nel Teatro Regio di Torino (42,3% e 45,3%). Il rapporto fra i costi del personale e i contributi in conto esercizio conferma quanto già emerso, nel 2007 la Scala e l’Arena di Verona hanno le percentuali più favorevoli (109,1% e 155,5%) grazie al fatto che i costi del personale non sono finanziati solamente dai contributi, ma anche dagli incassi di botteghino e dai ricavi delle vendite e delle prestazioni più alti rispetto alle altre Fondazioni. Il Teatro Regio registra il rapporto minore (58,4%) a causa di incassi e ricavi bassi in rapporto al peso dei contributi. La situazione è analoga nel 2006 (Tavola B).
Per quanto riguarda il valore aggiunto prodotto, l’analisi della sua distribuzione tra i fattori primari della produzione consente di osservare le performance conseguite secondo una valutazione economico-finanziaria della gestione mirata alla logica della produttività e non all’utile di bilancio. Il valore aggiunto – pari alla differenza tra il valore della produzione e i costi d’acquisto dei beni e dei servizi – permette di misurare in termini economici la produzione artistico-culturale realizzata. Nel 2007, la media del valore aggiunto prodotto dalle dieci Fondazioni va a ricompensare per il 93% il costo del personale, lasciando poche risorse per la remunerazione degli altri fattori. Il 3,1% è destinato a coprire gli oneri finanziari, l’1% al pagamento delle imposte e l’8% confluisce negli ammortamenti, alla base dei rinnovi in investimenti materiali e immateriali. Tuttavia le perdite d’esercizio assorbono il 5% del valore aggiunto prodotto, annullando in tal modo l’effettiva possibilità di investimenti futuri (Tavole D1, D2 e Grafico D2).

5. Conclusioni

 

 
L’analisi economico-finanziaria negli anni 2006-2007 mette in luce una condizione complessiva di disagio del sistema. L’auspicata autonomia della Lirica italiana dal sostegno pubblico, e in particolare dal contributo statale, non si è realizzata. La partecipazione dei privati è limitata e incerta, così come in generale è modesto l’intervento degli enti locali. La scarsa diversificazione delle fonti di finanziamento aumenta il rischio d’impresa mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa delle Fondazioni. D’altronde le strategie di contenimento dei costi e di ampliamento della gamma di prodotti e servizi attuate dai sovrintendenti non sono state sufficienti a garantire autosufficienza e stabilità economico-finanziaria. Basti pensare che tre Fondazioni su quattordici sono attualmente commissariate e cinque, sulle dieci esaminate, hanno chiuso l’esercizio 2007 in perdita.
Nel frattempo la situazione si è ulteriormente complicata: lo spettacolo dal vivo sta attraversando una stagione di grande inquietudine caratterizzata dalla riduzione del Fondo Unico per lo Spettacolo e dal malcontento generalizzato e manifesto degli operatori del settore. In questo quadro, si attende una riforma delle Fondazioni Lirico-sinfoniche. Si preannuncia il ridimensionamento del FUS destinato alle Fondazioni e la riduzione dei costi del personale attraverso la stipula di un nuovo contratto collettivo. Si discute anche della eventualità di istituire un “ordinamento gerarchico” delle Fondazioni, che consentirebbe solo ad alcune di mantenere il riconoscimento della rilevanza nazionale, e della necessità di introdurre un sistema efficace di incentivi fiscali per favorire la partecipazione dei privati. Questo per quanto riguarda la normativa.
In relazione alla gestione dei teatri alcuni suggeriscono di passare a una programmazione a repertorio per ridurre i costi di produzione (Trimarchi, 2009). In Italia, infatti, i teatri d’opera utilizzano prevalentemente il modello di produzione a stagione (ogni opera in cartellone ha un cast ad hoc) che comporta un’incidenza elevata dei costi variabili sui costi totali. In altri Paesi europei (Austria, Germania e in parte Regno Unito) si segue invece il modello a repertorio (stesso cast per tutte le opere in cartellone) che genera economie di scala, anche se inevitabilmente incide negativamente sulla qualità artistica (Sicca e Zan, 2004). Per contro, i criteri di assegnazione del Fondo Unico dello Spettacolo alle Fondazioni (DM del 29 ottobre 2007) non incentivano la riduzione dei costi di produzione derivanti dai programmi di attività offerta, né dei costi del personale.
Ad ogni modo, qualsiasi scelta normativa e organizzativa per la razionalizzazione del sistema non potrà prescindere dalla centralità dei teatri d’opera nel campo dell’educazione e diffusione dell’arte musicale.

Consulta le tavole riepilogative

Bibliografia
–    Agenzia per le ONLUS, Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli enti non profit, 11 febbraio 2009;
–    Baumol, William J. e Bowen, William G., Performing Arts: The Economic Dilemma, New York, Twentieth Century Fund, 1966 (citato da “L’economia della cultura”, Euromeridiana, II quadrimestre 2004);
–    Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Raccomandazione n. 5 – I sistemi e le procedure di controllo nelle aziende non profit, marzo 2003;
–    Forte, Pierpaolo, “Fondazioni, privatizzazione, concorrenza nella lirica: un cammino ancora in corso”, Aedon n. 1/2009;
–    Hinna, Alessandro e Minuti, Marcello, Progettazione e sviluppo di aziende e reti culturali, Milano, Hoepli, 2009;
–    Mion, Giorgio, “La valutazione delle performance aziendali quale fattore di successo per le fondazioni liriche”, Tafter Journal n. 9/2008;
–    Trimarchi, Michele e Ponchio, Roberta, “I fantasmi dell’opera: la lirica in Italia e in Francia tra palcoscenico e mass media” in I mercati della lirica: strategie per l’organizzazione e la crescita (a cura di M. De Carlo), Utet, Torino, 2004;
–    Trimarchi, Michele, “Vengan denari … Risorse, criteri e meccanismi per il finanziamento dello spettacolo dal vivo”, Aedon n. 3/2000;
–    Trimarchi, Michele, “Riforma delle fondazioni liriche: e le questioni di fondo?”, Tafter, 8 ottobre 2009;
–    Zan, Luca e Sicca, Luigi M., “Alla faccia del management. La retorica del management nei processi di trasformazione degli enti lirici in fondazioni”, Aedon n. 2/2004.

Normativa
–    Legge 14 agosto 1967, n. 800 “Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali”;
–    Decreto Legislativo 29 giugno 1996, n. 367 “Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato”;
–    Decreto Legislativo 23 aprile 1998, n. 134 “Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59”;
–    Legge 26 gennaio 2001, n. 6 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345, recante disposizioni urgenti in tema di fondazioni Lirico-sinfoniche”;
–    Legge 11 novembre 2003, n. 310 “Costituzione fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e teatri di Bari nonché disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attività culturali”;
–    Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali “Criteri generali e percentuali di ripartizione quote FUS, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, destinata alle fondazioni Lirico-sinfoniche” del 29 ottobre 2007.