Cultura in (s)vendita. L’associazionismo culturale palermitano tra innovazione e frammentazione

Le associazioni culturali rappresentano un potente catalizzatore di cultura e capitale sociale. Partendo dalla relazione che lega lo sviluppo di un territorio alle attività culturali, il volume a cura di Giovanni Notari, direttore dell’Istituto di Formazione Politica “Pedro Arrupe” di Palermo, restituisce una fotografia delle associazioni culturali presenti nel capoluogo siciliano. Mettendo in evidenza luci ed ombre di un fenomeno complesso, gli autori della ricerca ravvisano nell’associazionismo culturale palermitano uno dei numerosi esempi di una cultura in svendita.

Il rapporto che intercorre tra il fenomeno dell’associazionismo culturale e lo sviluppo socio-economico di un territorio è al centro di un interessante lavoro di ricerca condotto dall’Istituto di Formazione Politica “Pedro Arrupe” di Palermo sulle associazioni culturali che animano il capoluogo siciliano, i cui risultati sono confluiti nel volume “Cultura in (s)vendita” curato da Giovanni Notari, direttore dello stesso Istituto.
Lo studio, che ha censito 802 organizzazioni senza scopo di lucro attive a Palermo nei molteplici ambiti che possono essere definiti culturali, spaziando dalla produzione artistica alla formazione, dalla promozione di eventi alla gestione di biblioteche, archivi e palazzi storici, pone l’accento sul concetto di capitale sociale qui inteso nella sua accezione relazionale secondo la nota definizione data da Putnam che lo identifica con “l’insieme di quegli elementi dell’organizzazione sociale – come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l’efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l’azione coordinata degli individui”.
La tesi che si cerca di dimostrare è che una virtuosa combinazione di cultura e capitale sociale, quale un’associazione culturale dovrebbe essere, possa contribuire al miglioramento della qualità della vita anche in contesti caratterizzati da un ritardo di sviluppo come le regioni meridionali. E’ opinione condivisa, infatti, che il fenomeno dell’associazionismo, in qualità dei valori di condivisione e partecipazione su cui si basa, rivesta un ruolo importante nella formazione del capitale sociale e che la presenza di gruppi di persone, organizzati al fine di perseguire un comune scopo di utilità sociale, rappresenti un indicatore dello stock di capitale sociale presente all’interno di un territorio in un dato momento. L’importanza rivestita da tale variabile, fatta di senso civico, reti amicali, inclusione sociale, è cresciuta in maniera esponenziale nel corso degli ultimi decenni, fino a diventare un fattore chiave dello sviluppo insieme alla cultura, divenuta a sua volta il nuovo perno dei sistemi produttivi post-fordisti, grazie al progressivo affermarsi dell’economia della conoscenza e del capitalismo cognitivo.
Un fenomeno che, tuttavia, sembra solo sfiorare le regioni meridionali italiane che continuano a registrare livelli di capitale sociale notevolmente inferiori rispetto alle regioni del Centro e del Nord. Se si escludono alcuni esempi di buone prassi, lo studio condotto sulle associazioni culturali attive nella Città di Palermo restituisce un quadro non dissimile da quello dipinto dall’indagine effettuata quasi vent’anni prima da Putnam sulla tradizione civica nelle regioni italiane. L’associazionismo cultuale palermitano, come messo in evidenza da Fabio Massimo Lo Verde nel capitolo conclusivo del volume, risente ancora delle “solite contraddizioni dei sistemi economici e sociali meridionali”, ingessati in una struttura organizzativa che li vuole strettamente dipendenti da un’autorità politica forte e da interessi particolaristici e clientelari. La cultura, allora, diventa un prodotto in vendita o addirittura in svendita, quando dietro la nascita di un’associazione culturale si nascondo fini altri rispetto alla semplice elargizione di un bene comune. Non sono rari i casi di associazioni nate per usufruire dei finanziamenti pubblici e poi scomparse una volta terminate le risorse messe a disposizione dalle amministrazioni locali, dallo Stato, dalla Comunità Europea. L’esistenza di dinamiche di questo tipo sembra inficiare il risultato finale dell’equazione tra cultura e sviluppo, in quanto all’interno del contesto palermitano ad un aumento del numero di associazioni culturali per abitante non corrisponde né un maggiore senso civico né un miglioramento della qualità della vita.
Certo le eccezioni alla regole esistono e sono rappresentate dalle buone prassi, la cui analisi e descrizione sarà oggetto di studio del prossimo step del lavoro che il gruppo di ricerca guidato da Giovanni Notari porta avanti ormai da diversi anni. L’auspicio è che le riflessioni contenute nel volume “Cultura in (s)vendita” possano contribuire ad evitare che l’associazionismo culturale diventi per il Sud l’ennesima occasione mancata sulla strada verso una maggiore emancipazione culturale, economica e sociale.

Cultura in (s)vendita
L’associazionismo culturale palermitano tra innovazione e frammentazione
A cura di Giovanni Notari
FrancoAngeli, 2010
Euro 18